IL PRETORE Letti gli atti, sciogliendo la riserva di cui al verbale che pre- cede, O S S E R V A Con atto di citazione, notificato il 21 dicembre 1992, Saverio Alioto, Concetta Di Paola e Carmelina Alioto, comproprietari dell'appartamento sito in Genova, via Sapeto 14/14, condotto in locazione da Marina Alessandrini, in forza di contratto stipulato il 1 gennaio 1989, convenivano quest'ultima in giudizio per sentir convalidare la licenza per finita locazione intimata per la scadenza del 31 dicembre 1992. Ribadivano gli attori la necessita' di Carmelina Alioto di adibire l'appartamento ad abitazione propria e del coniuge Roberto Barberio. Si costituiva l'intimata opponendosi alla convalida intimatale, assumendo che il contratto, stipulato il 1 febbraio 1989, andra' a scadere il 31 gennaio 1993 e chiedendo, inoltre l'applicazione dell'art. 11, comma 2- bis, del d.l. n. 359/1992 e la declaratoria di scadenza del contratto al 31 gennaio 1995. Gli attori assumevano che la proroga biennale prevista dall'art. 11, comma 2- bis, della legge n. 359/1992 non era applicabile alla fattispecie, trattandosi di immobile che il locatore intende adibire agli usi di cui all'art. 29 della legge n. 392/1978, in particolare, a propria abitazione. Chiedevano l'emanazione di ordinanza esecutoria di rilascio ex art. 665 del c.p.c. Questo pretore si riservava la decisione. In primo luogo, si osserva che devono ritenersi sussistenti i gravi motivi ostativi alla pronuncia dell'ordinanza di rilascio, in considerazione dei motivi posti dalla conduttrice alla base della proposta opposizione e, in particolare, in considerazione del contrasto tra le parti in ordine alla applicabilita' alla fattispecie del biennio di proroga di cui al comma 2- bis dell'art. 11 della legge n. 359/1992. Cio' detto, si osserva che il chiaro tenore letterale della norma in questione, che non fissa un termine temporale per la formazione dell'accordo in deroga all'equo canone, e la stessa terminologia usata dal legislatore ("alla prima scadenza del contratto" .. "il contratto stesso e' prorogato di diritto di due anni"), rendono evidente che il biennio di proroga di cui trattasi costituisce una vera e propria proroga del contratto e non dell'esecuzione. La norma in oggetto reintroduce un meccanismo di proroga legale condizionata, non dissimile da quello di cui agli artt. 1 e 5 della legge n. 1521/1960, disponendo che, in caso di mancato accordo tra locatore e conduttore su un nuovo contratto in deroga, la scadenza del contratto abbia un ulteriore durata biennale, evidentemente per consentire al conduttore di reperire altra acconcia sistemazione abitativa. Una ulteriore protrazione biennale legale della durata era stata, a suo tempo, disposta dall'art. 71, secondo comma, della legge n. 392/1978 per i contratti locatizi aventi a oggetto immobili adibiti a uso diverso da quello abitativo, non soggetti a proroga legale. Il terzo comma della norma e' strettamente connesso al secondo comma dell'art. 11, poiche' detta la disciplina transitoria dei rapporti ancora incorso de iure alla data di entrata in vigore della legge n. 359/1992. Anche per tali rapporti infatti, il secondo comma dell'art. 11 prevede la facolta' delle parti di stipulare contratti in deroga dell'equo canone. E cio' e' evidente atteso che: 1) se il contratto scade dopo il 14 agosto 1992, ed e' stato regolarmente disdettato, e' un contratto ancora in corso de iure, in relazione al quale le parti possono, alla scadenza, addivenire alla stipula di un contratto in deroga; 2) se il contratto, scade dopo il 14 agosto 1992 e non e' stato regolarmente disdettato, si tratta di contratto "rinnovato successivamente" alla data di entrata in vigore della legge, al quale la norma di cui al secondo comma ha fatto specifico e espresso riferimento. Cio' detto, si osserva che il terzo comma della norma, facendo riferimento alla "prima scadenza del contratto successiva alla entrata in vigore della legge", non ha inteso riferirsi solo ai contratti locatizi aventi la prima scadenza oltre la data del 14 agosto 1992, bensi' a tutti i contratti locatizi aventi la prossima scadenza, l'unica ancora "utile" e rilevante giuridicamente, in data successiva al 14 agosto 1992. E cio' atteso che una diversa interpretazione restrittiva verrebbe a creare notevoli disparita' di trattamento tra contratti "giovani" e contratti "vecchi", tacitamente rinnovatisi nel corso degli anni e non pare giustificata, tenuto conto della ratio della norma che e' quella di consentire un passaggio, dilazionato e non traumatico, dal regime, essenzialmente vincolistico, della legge n. 392/1979 al regime di sostanziale autonomia contrattuale nella determinazione del corrispettivo delle locazioni abitative, introdotto con le disposizioni del primo e secondo comma dell'art. 11. Cio' in vista di una revisione organica della materia delle locazioni e allo scopo di realizzare la riforma, senza creare turbative nell'equilibio precario del mercato, nel quale, prevedibilmente, si verifichera' un innalzamento dei prezzi per effetto della liberalizzazione, con conseguenze pericolose sul fenomeno inflattivo, tenuto in massima considerazione del legislatore, anche in vista del risanamento della finanza pubblica che costituisce l'oggetto specifico della legge n. 359/1992. In questa ottica, la proroga legale di cui al terzo comma costituisce un tentativo di indurre le parti a stipulare un nuovo contratto "libero" e integra uno strumento di incisiva pressione a contrarre sul locatore, al quale viene posta l'alternativa, non certo allettante, di subire un ulteriore biennio legale di durata del contratto, a equo canone. Deve ancora osservarsi che la proroga in oggetto e' sottoposta alla condizione risolutiva del raggiungimento di un accordo sulla determinazione del canone e cioe' alla condizione risolutiva costituita dalla stipulazione di un nuovo contratto in deroga alle norme della legge n. 392/1978, stipulazione sempre possibile dalla prima scadenza contrattuale successiva al 14 agosto 1992 in poi. Se il nuovo contratto in deroga interviene, il titolo giudiziale ottenuto dal locatore per la scadenza legale, non verra', evidentemente, posto in esecuzione. E tale soluzione si impone, sia per le convalide di sfratto, nelle quali la scadenza e' gia' intervenuta e non vi e' stato alcun accordo circa un nuovo contratto, sia per le convalide di licenza per finita locazione. Infatti: 1) non e' stato abrogato l'istituto di cui all'art. 657, primo comma, del c.p.c.; 2) e' sempre possibile alle parti, anche dopo la pronuncia della convalida, emessa per una data comprensiva della proroga legale, stipulare un contratto "in deroga"; 3) il giudice, al momento della decisione, antecedente alla scadenza del contratto, non puo' che ritenere sussistente il presupposto di applicabilita' della proroga biennale (mancato accordo), per il fatto stesso che il locatore abbia agito e richiesto la declaratoria di cessazione del contratto alla scadenza. In tal modo infatti, il locatore manifesta la sua inequivoca volonta' di non dar corso ad alcuna trattativa e, pertanto, e' realizzata la condizione negativa per l'applicazione della proroga biennale che op- era in ogni caso in cui le parti non abbiano raggiunto l'accordo sul nuovo canone, sia quando non vi siano state trattative, sia quando le trattative non siano andate a buon fine e, in particolare, quando via sia il mero rifiuto del locatore di trattare, situazione questa che deve essere equiparata al caso di mancato accordo. Non appare infatti ragionevole far dipendere la operativita' della proroga dall'esclusiva volonta' del locatore, indipendentemente dalle motivazioni del suo rifiuto di trattare. Ed e' ragionevole che, proprio quando le trattative non vi siano state, per il rifiuto del locatore di intraprenderle, al conduttore, parte debole del rapporto, venga attribuito un ulteriore periodo di durata del contratto che gli consenta di reperire un'altra sistemazione abitativa. Ferma restando comunque, la possibilita' del conduttore di rinunciare alla proroga legale, che opera a istanza di parte. D'altro lato, adottando interpretazioni diverse da quella sopra esposta e, cioe', ritenendo che la proroga legale biennale non operi automaticamente, sebbene, su richiesta del conduttore, (salva la stipula in data successiva di un nuovo contratto), la tutela della parte "debole" del rapporto verrebbe meno. Infatti, al locatore verrebbe attribuita una situazione di ulteriore "forza contrattuale" e si determinerebbero, inevitabilmente, notevoli lievitazioni di canoni richiesti sul mercato, stante l'eccedenza delle domande rispetto alle offerte di immobili in locazione. Inoltre, verrebbe di fatto disapplicata in toto la norma di cui al terzo comma dell'art. 11, poiche' nessun locatore avanzerebbe proposte di un nuovo contratto al proprio conduttore, se non tutt'al piu' dopo aver conseguito un titolo giudiziale di convalida di sfratto o di licenza per finita locazione (per la scadenza convenzionale e senza la proroga biennale), per non esporsi al rischio di dover subire un ulteriore biennio legale di durata del contratto a equo canone. E cio' finirebbe per frustrare lo scopo della norma in oggetto, che e' anche quello di agevolare gli accordi in deroga, e creerebbe evidenti squilibri di forza contrattuale del locatore e del conduttore. In linea generale, la proroga biennale di cui trattasi appare compatibile con la garanzia costituzionale del diritto di cui all'art. 42 della Costituzione, alla luce dei principi gia' enunciati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 89 del 5 aprile 1984 e, in considerazione del carattere straordinario e temporalmente limitato della proroga e dal fatto che l'indubbio sacrificio imposto alla proprieta' privata, soggetta a limiti, allo scopo di assicurarne la funzione sociale, appare adeguatamente bilanciato dal vantaggio conseguibile dal locatore per effetto della immediata abrogazione dell'equo canone, per gli immobili di nuova costruzione, e per effetto della possibilita' di concordare, alle scadenze dei contratti in corso o per i nuovi contratti (stipulati dopo il 14 agosto 1992), corrispettivi adeguati agli effettivi valori del mercato immobiliare. Ma a diverse conclusioni si ritiene di dover pervenire nelle ipotesi, quale quella oggetto del presente procedimento, in cui il locatore abbia o asserisca di avere necessita' di riottenere la disponibilita' dell'immobile locato, per adibirlo ad abitazione propria o di stretti congiunti e invochi tale situazione per sottrarsi all'applicazione della proroga legale. Infatti, la proroga legale di cui al comma 2- bis dell'art. 11 del d.l. citato, generalizzata e indiscriminata, non prevede alcuna eccezione o deroga e non prende in considerazione in alcun modo le situazioni personali e economiche del locatore, ne' l'eventuale esigenza di quest'ultimo di riottenere la disponibilita' dell'immobile per necessita' di adibirlo ad abitazione propria o degli stretti congiunti. Ne' il chiaro e sintetico tenore letterale della norma, che non contiene alcun richiamo all'istituto del recesso, gia' previsto dal regime vincolistico previgente alla legge n. 392/1978 e dal regime transitorio di tale legge, e non consente che un'interpretazione, lascia aperta al magistrato la possibilita' di adottare, tra piu' interpretazioni, quella sola che sarebbe conforme alla Corte costituzionale. Per le stesse ragioni non pare possibile, in sede interpretativa, estendere al disposto del comma 2- bis l'istituto del diniego di rinnovazione, previsto, dal precedente comma secondo, art. 11 della legge n. 359/1992, solo in concomitanza con la prima scadenza quadriennale dei contratti stipulati ai sensi della prima parte di tale disposizione di legge. In altre parole, la mancata considerazione delle esigenze personali del locatore, esigenze che potrebbero in concreto essere meritevoli di riconoscimento e tutela, e la omessa previsione dalla possibilita' di sottrarsi all'applicazione della proroga legale o di far valere l'istituto della necessita' come causa giustificatrice della cessazione della proroga stessa, durante il biennio in questione, determinano una irragionevole e ingiustificata compressione del diritto di proprieta', incompatibile con la garanzia disposta dall'art. 42 della Costituzione. Viene infatti indiscriminatamente sacrificato l'interesse del locatore e garantita, comunque, la prevalenza su tale interesse, di quello contrapposto del conduttore. In particolare, la proroga viene imposta anche al locatore che abbia gia' ora la necessita' di adibire l'immobile a uno degli usi che gli avrebbero consentito nel regime vigente (artt. 2, primo e terzo comma, e seguenti della legge n. 61/1989) di ottenere l'assistenza della forza pubblica nell'esecuzione dello sfratto e, quindi, la riconsegna dell'immobile in tempi ravvicinati. D'altro lato, la omessa previsione del diritto del locatore, nella sussistenza di situazioni di necessita' o di specifiche situazioni assimilate, di sottrarsi all'applicazione della proroga legale o di determinarne la cessazione (con il recesso), si pone, in evidente contrasto con la legislazione vincolistica del decorso quarantennio, nell'ambito della quale era previsto il diritto del locatore di determinare la cessazione della proroga legale per necessita' (vedi l'art. 4 della legge n. 253/1950, richiamato dalle successive leggi di proroga e, da ultimo, l'art. 59 della legge n. 312/1978 e la sentenza n. 22/1980 della Corte costituzionale). Alla luce di tali considerazioni, deve essere dichiarata la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 11, comma 2- bis, della legge n. 359/1992, nella parte in cui non prevede il diritto del locatore di sottrarsi all'applicazione della proroga biennale e quello di recesso, durante il biennio di proroga, in caso di necessita' o per i motivi di cui agli artt. 29 e 59 della legge n. 392/1978.